Osservo il paesaggio:
estraneo a loro.
La mia esistenza, in un tempo
finito,
racchiusa in uno spazio
infinito,
sarebbe afona
senza la coscienza, che ha in se
un'immensità che sfugge,
e spaventa.
Come una goccia d'acqua,
che scorre nel fiume, fino alla foce,
che scorre nel fiume, fino alla foce,
per perdersi nell'indefinito.
Non temo la morte,
mi disturba l'ignoto,
il dubbio e il nulla,
prima e dopo di me.
Imprigionato nella necessità,
vivo un esistenza fugace,
molestata dalla fame
inappagata di verità,
inappagata di verità,
perché non vedo
un senso, fine o scopo,
da dargli,
oltre al dispiegarsi
di una cieca natura,
indifferente e muta.